|
1° Giorno (04-11-2016)
(Hacienda Guachalà) - Cayambe - Rifugio Ruales-Oleas-Bergè
4600m
Salita=0m Discesa=0m L=8,3km
Alle 11, sistemati in una stanza i bagagli che non servono per la salita
al Cayambe, lasciamo la magnifica hacienda Guachalà a bordo dei
due fuoristrada delle guide. Sosta pranzo a Cayambe, animata cittadina
non molto distante, sui 2800m, ai piedi dell'omonimo vulcano. Poi inizia
la lunghissima risalita di una sterrata che nei primi chilometri è lastricata
con grosse pietre squadrate, e nel seguito, superati gli ultimi villaggi
e le fattorie sparse, è invece più disastrata, con profondi solchi, buche
e invasa dalle pietre. Si attraversano immense praterie, ora su un fianco
ora sull'altro di alture collinose e tondeggianti che conducono ai piedi
della montagna, ora immersa nelle nubi. Dopo un ultimo ripido tratto veramente
orrendo, le auto riescono a condurci fin sulla porta del Rifugio Rifugio
Ruales-Oleas-Bergè a 4590 m, dove giungiamo verso le 15, mentre le nuvole
si diradano. Il rifugio è custodito e piuttosto moderno. Abbiamo una camera
tutta per noi al 2° piano, con i soliti enormi letti a castello. Ci sistemiamo
e approfittiamo della schiarita per una breve escursione di orientamento
lungo la larga e piatta cresta rocciosa a valle del rifugio. Il tempo
sembra sempre piuttosto minaccioso, con un cielo movimentato da nubi a
strati più o meno scuri, e strane inquietanti sfilacciature verticali,
tra cui filtrano a tratti timidi raggi di sole. Come in diverse altre
occasioni, notiamo come i cieli qui siano sovente straordinariamente spettacolari.
Il rifugio è appollaiato sulla cresta ai piedi di un notevole salto roccioso.
Di qui passa il percorso di salita ai pendii superiori del ghiacciaio
che riversa una fantastica seraccata fino a poca distanza dal rifugio.
La cima si fa vedere per pochi istanti tra le nubi sospinte dal vento
da est che ha preso a soffiare piuttosto intensamente. La temperatura
si è subito abbassata. La sveglia è puntata sulle 22,50.
|
|
2° Giorno
(05-11-2016)
Rifugio Ruales Oleas Bergè 4600m - Cayambe 5790m
Salita=1190m Discesa=1190m L=12,1km
Alla sveglia, ore 23 ci viene servita una buona colazione. Segue la lunga
vestizione. Indossiamo i capi pesanti e quelli antivento. Il vento, infatti,
non accenna a diminuire, con periodiche raffiche molto violente. Alle
0,20 ci incamminiamo sotto un cielo stellato. Ciononostante, appena attacchiamo
la ripida traccia che si inerpica tra sabbia e roccette subito alle spalle
del rifugio, veniamo sferzati da uno spray gelato sparato in orizzontale
dal vento. Non capiamo come sia possibile, dal momento che si vedono le
stelle. Le roccette bagnate, la ripidità della traccia, il buio, la pioggia
e il vento, rendono la salita da subito molto dura. Scavalcata la spalla
rocciosa e superato un breve ripiano, riprendiamo a salire ancora su roccette
e chiazze di neve fino all'inizio del ghiacciaio, intorno ai 3900 m, dove
calziamo i ramponi. La pioggerella si è trasformata in tormentina a grani
di riso, sempre accompagnata dal vento. Il ghiacciaio è quasi privo di
neve, c'è ghiaccio granuloso con piccoli e facili crepacci su una pendenza
moderata. Ha smesso di nevischiare, rimane il vento. Si vedono soltanto
le luci delle frontali e lo spettacolo delle cittadine illuminate sul
fondovalle. Per il resto si marcia badando esclusivamente a dove si mettono
i piedi, senza cognizione di quanto ci attornia. Il raggio di azione delle
pile non consente di orientarci. E si va incredibilmente piano. La media
oggi sarà di circa 150 m di dislivello all'ora. La pista, sempre piuttosto
ripida ma ben tracciata, fiancheggia a lungo roccette e pietraie che emergono
dal ghiacciaio. Probabilmente siamo nei pressi di una cresta. A tratti
ci giungono con il vento le esalazioni sulfuree di questo che è uno dei
tanti vulcani attivi dell'Ecuador. Primi accenni di chiarore. Dopo un
breve ripiano la traccia inizia a serpeggiare tra grandi crepacci su pendenze
sempre più sostenute. Il tratto in cui si sale tra seracchi e crepacci
è molto bello. Le raffiche di vento riportano del finissimo nevischio
che immediatamente aderisce agli zaini e agli indumenti ricoprendoli di
una patina di brina bianchissima. Incrociamo le cordate che ci hanno superato,
e che ora già scendono. Ad un certo punto la nebbia si dirada e improvvisamente
scopriamo di essere su un ripido pendio che conduce alla cresta terminale,
arabescata da grosse cornici, e culmina con un ampio rilievo tondeggiante.
E' l'ultimo ostacolo. Poi siamo in cima, dove finalmente ci investe il
sole e tutto riluce, compreso il finissimo pulviscolo di neve portato
dal vento. Sono le 7,40. Poco sotto la piatta cupola della vetta si stende
un mare di nubi da cui emergono soltanto i coni terminali dei grandi vulcani
Antisana, Cotopaxi e, lontanissimo ma inconfondibile, il Chimborazo con
il suo cupolone ghiacciato.
Alle 8 iniziamo a scendere, il respiro va meglio, scendiamo con la piccozza
e un bastoncino. In breve siamo di nuovo nella nebbia, con visibilità
30 metri. Fa più caldo e la neve, da 5200m in giù, è molle e fa zoccolo.
Verso il fondo del ghiacciaio usciamo dalle nubi. Bellissimo il panorama
delle vallate, dove luccicano ampie zone ricoperte di serre. Arriviamo
alla fine del ghiacciaio. Accanto alla spalla rocciosa scorgiamo un laghetto
turchese che nella notte era rimasto invisibile. Aggiriamo la spalla seguendo
una scorciatoia lungo una ripida traccia nella sabbia, dove scendiamo
finalmente rilassati. Poi il sentiero contorna la base del promontorio
roccioso e conduce direttamente al rifugio. Sono 10,45. Ci togliamo la
roba pesante di dosso, riordiniamo gli zaini e andiamo a colazione. Alle
11,30 sgombriamo il campo. Dopo la sosta per il pranzo a Cayambe, facciamo
una puntatina a Guachalà a recuperare i bagagli, e ripartiamo su un pulmino
dell'agenzia per Riobamba. Un viaggio lunghissimo, durante il quale a
turno ci appisoliamo. Arriviamo a Riobamba, al Rincon Aleman, alle 19,45.
|